Imperfezione come autenticità
« Imperfection is a form of creation » “La perfezione non esiste e noi non ci sforzeremo più di cercarla nella materia, nella forma e nei concetti, bensì cercheremo di accontentarci di una accettabile imperfezione e di gestire quell’imperfezione”. La ricerca della perfezione è l’ossessione del nostro Tempo. La società spinge l’uomo alla continua ricerca e alla perenne tensione verso l’irraggiungibile. La perfezione non rientra nel carattere costitutivo dell’essere umano, che è anzi connotato e differenziato dalle imperfezioni individuali.
L’imperfezione, pertanto, è simbolo di autenticità. In un mondo globalizzato, in cui anche la produzione umana è standardizzata secondo canoni precostituiti, preservare il lavoro manuale e l’artigianato significa mettere in salvo la tradizione e l’esperienza locali. L’imperfezione, nell’oggetto, è da ricercarsi in quanto valore aggiunto e caratterizzante. Così come per gli esseri umani, anche per gli oggetti i difetti ne evidenziano la singola personalità. La catena di montaggio tende a scartare ciò che ne fuoriesce imperfetto, etichettandolo come fallato. Il difetto di fabbrica è la nostra forza, poiché denota il processo creativo dell’uomo contro la serialità della macchina.
Diceva W. Benjamin nel suo saggio L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica che l’arte è recisa dalla quotidianità e dalle condizioni concrete dell’esistenza. L’hic et nunc dell’oggetto deve essere dunque recuperato proponendo al pubblico la sua imperfezione, espressa attraverso l’uso sincero della materia e dalla creatività individuale dell’artigiano. L’oggetto vive con il tempo, senza aver timore del suo passaggio, che anzi arricchisce la materia dei suoi segni denotandone l’identità.