Libertà come espressione
“A chi indirizza se stesso il disegno: alla massa, allo specialista di una materia illuminata, ad una classe sociale privilegiata? Il disegno indirizza se stesso al bisogno.” – Charles Eames
Architettura e design sono facce diverse di una stessa medaglia. Come il mitologico Giano Bifronte, guardano da un lato al passato della tradizione e dall’altro all’innovazione futura. Ambedue sono rivolte all’uomo e alle sue necessità, lo aiutano a vivere meglio rendendo coese funzionalità ed estetica. A volte questa coesistenza può sbilanciarsi in uno dei due sensi, rendendo il prodotto finale un mero esercizio estetico o al contrario un oggetto privo di valenza artistica, ed è allora che interviene il bravo designer per ricreare gli equilibri. È in funzione di una ricerca di maggiore libertà che noi di Quadrilatero abbiamo orientato il nostro lavoro verso il design, con un background alle spalle di oltre venticinque anni di esperienza come architetti, che ci ha reso consapevoli della necessità che ha l’essere umano di vivere in armonia con l’ambiente circostante. Il dialogo tra architettura e design, tra spazio e oggetto è fondamentale nella ricerca che portiamo avanti e nella realizzazione dei nostri oggetti, pensati come sintesi funzionale ed estetica in relazione a un arco temporale che opera in divenire, ponte tra passato e futuro. Questi oggetti hanno la volontà, e forse la presunzione, di voler contenere il passato, essere realizzati oggi per le attuali necessità, e continuare ad essere utili nel futuro. Ma questa necessità, a chi fa riferimento? Il disegno indirizza se stesso al bisogno, appunto, e il bisogno è in primis di chi disegna.
La consapevolezza della complessità di un progetto di elevato livello, che comprenda aspetti culturali, tecnici ed estetici, troppo spesso non va d’accordo con le dinamiche che regolano i meccanismi del mercato e dell’imprenditoria. In un sistema di produzione standardizzato e globalizzato, trovare un committente che voglia affrontare questo percorso può essere molto difficile e raro. Si richiede uno sforzo cognitivo, una comprensione delle dinamiche di ideazione e relativa produzione degli oggetti che comprende fasi successive, articolate al fine di garantire un dialogo tra colui che pensa e disegna, colui che produce e infine colui che riceve il prodotto, non pensato per soddisfare una tendenza effimera bensì per durare nel tempo. Se si rompe, lo si aggiusta, se ci si stanca lo si mette in cantina, lo si presta o lo si vende.
Non lo si butta, perché acquisisce valore man mano che passa di proprietà, arricchendosi di esperienze. Gli oggetti di Q sono pensati per assumere un valore progressivo, dal produttore al consumatore o meglio dal pensatore al fruitore: come le opere d’arte esposte nei musei, così questi oggetti acquisiscono validità dall’accumulo delle esperienze, dal transito negli ambienti domestici, dalle storie trasmesse da Noi a Voi.